La Materia e il Territorio

Le risorse della Valle Camonica: materia prima per gli artigiani

Il lavoro degli artigiani, nel percorso verso la qualità del fare, si misura con il territorio e le sue risorse. Un confronto che non può mai dimenticare le esigenze del cliente e del consumatore, le dinamiche complesse del mercato, ma che si evolve continuamente aprendosi alla contaminazione dell’esperienza di altri artigiani, e di altri territori.

Attraverso fotografie e alcuni sintetici documenti d’archivio, viene raccontata la tradizione artigianale del territorio, la fatica del dare forma alle cose utili e belle. Non è stata solo una storia di successi: la terra è dura e difficile, e i suoi elementi combattono o resistono per inerzia ai tentativi di trasformazione dell’uomo.

Alla fine però, dopo tutto questo, ci rendiamo conto che non è stata una battaglia, ma una graduale scoperta delle nostre migliori capacità, del nostro saper stare bene nel mondo.

“Tutti costoro confidano nelle proprie mani e ciascuno è esperto nel suo mestiere. Senza di essi non si edificherebbe città alcuna, né s’abiterebbe, né s’andrebbe in giro. Eppure nell’adunanza non danno molto, non siedono sul seggio del giudice” (Ecclesiastico, 38, 35-40)

I LEGNI DA INTAGLIO

Cirmolo – o pino cembro, tiglio, noce e acero sono solo alcuni dei legni utilizzati in Valle Camonica nella secolare tradizione artistica e artigianale dell’intaglio, che ha dato vita a monumenti sublimi: non solo gli altari barocchi delle chiese dell’Alta Valle Camonica, ma anche l’imponente Via Crucis di Cerveno, opera di Beniamino Simoni.

Intorno all’intaglio ligneo sono sorte in Valle Camonica scuole e botteghe artigianali di altissimo livello; quella dei Ramus di Edolo fu esemplare e produsse nel 1600 un vero “teatro delle meraviglie” con altari, paliotti, tabernacoli e colonnati stracolmi di figure e di ornamenti. “La gran falegnameria camuna” come la definì Giovanni Testori, era impegnata a costruire, ai confini dei territori possibili preda della Riforma protestante, la magica scenografia della luce dorata che illumina la verità della fede cattolica.
 
Questa importante tradizione artistica e artigianale arriva fino ai nostri giorni, con le botteghe artigiane di Ponte di Legno e dell’Alta Valle Camonica, che documentano la continuità con un passato grandioso, e nel contempo l’inesauribile forza della capacità artigiana, da far rivivere per sempre.

I LEGNI DA INTAGLIO
Luciana Angeloni
Artigianato Camuno del Legno
Claudio Bolis
Gianluca Chiminelli
Chiara Domenighini - Oublis
Giovan Maria Fasanini
Fisarmoniche di Valle Camonica
Renzo Gaioni
Antonio e Pietro Sandrini

IL CASTAGNO

Per tutti gli abitanti della Valle Camonica è l’albero del pane, tale era l’importanza che ha sempre rivestito per la sussistenza dei camuni.

E’ un albero potente, produttivo, monumentale, che veniva utilizzato non solo per la ricchezza alimentare dei suoi i frutti – un tempo lavorati nei numerosi mulini ed oggi trasformati in biscotti e dolci di vario tipo dal locale Consorzio della Castagna - ma anche perché fonte preziosa di imponenti quantità di legname d’opera, d’arredo e da riscaldamento.

La diffusione del castagno nel paesaggio della bassa Valle Camonica, è dovuto anche alla presenza, n dai primi anni del ‘900 dell’azienda chimica Lepetit-Ledoga - quella che è oggi la Diamalteria Italiana - che all’epoca estraeva il tannino dai giovani castagni e lo trasformava in inchiostri, e prodotti chimici, per la concia e farmaceutici.

Il castagneto, nel Medioevo delle Vicinìe – comunità rurali di autogoverno della montagna - godeva spesso del privilegio dello ius plantandi per cui poteva essere concesso il diritto di piantare e raccogliere le castagne collocate su terreni di proprietà viciniale, cioè comunale: un modo per garantire lo sfruttamento delle proprietà collettive a benecio delle famiglie, soprattutto di quelle più povere.

IL CASTAGNO
Artigianato Camuno del Legno
Claudio Bolis
Antonio e Pietro Sandrini

IL CEMENTO INNOVATIVO

Non solo la consistenza del cemento, ma soprattutto l’idea del cemento, la cementità per dirla con Platone, gioca un ruolo fondamentale nel pathos di queste numerose opere d’arte: partendo dalla House nell’East End londinese di Rachel Whiteread del 1993, il Jewish Memorial di Peter Eisenman a Berlino no Al grande cretto di Alberto Burri a Gibellina.

La produzione di cemento – e di tondino - ha alimentato anche in Valle Camonica il settore delle costruzioni, con effetti non sempre positivi: in particolare ha promosso lo sviluppo esponenziale delle seconde case e di vari insediamenti poco coerenti con il contesto ambientale e urbano.
Ma anche l’ingegneria idroelettrica ha fatto del cemento la sua losoa, e la Valle Camonica è stata da sempre un territorio di sperimentazione in questo campo: nascono qui le prime grandi centrali italiane, e in Valle importante architetti si esercitano nella progettazione di grandi infrastrutture di cemento: da Paleni, a Marcello, da Dabbeni a Giò Ponti.

A distanza di qualche anno il cemento è diventato una sostanza molto diversa, dall’aspetto mutevole e dall’identità cangiante, grazie a un doppio sforzo cognitivo: quello dei designer e dei ricercatori che hanno cominciato a manipolarlo in maniera diversa, e parallelamente grazie ai produttori che lo hanno fatto evolvere in direzioni impreviste.

In Valle Camonica è il caso di CREA Cemento che realizza oggetti di design e accessori per la casa con cemento bianco, grigio, premiscelato e speciale.
Un materiale contemporaneo che offre nuove opportunità a artisti e designer, grazie all’esperienza di nuovi artigiani specializzati del cemento.

IL CEMENTO INNOVATIVO
Crea Concrete Design

IL FERRO DEI MAGLI

Le fucine, con il fuoco e il rumore assordante delle ruote e dei magli, sono ancora una realtà viva e produttiva in Valle Camonica, in particolare a Bienno e in Valgrigna, dove è attiva anche una scuola per imparare e tramandare la forgiatura del ferro al maglio.

Una tradizione secolare di lavoro artigiano, di sfruttamento delle risorse naturali (le miniere di ferro ovviamente, ma anche l’acqua per far muovere le ruote e i magli, o per dirigere l’aria per alimentare le forge) per produrre prima spade e armature, e poi secchi, vanghe, picconi, badili e ogni altro attrezzo di uso quotidiano, che hanno sostenuto per secoli l’economia rurale e preindustriale.

La forza artigiana del ferro viene messa in mostra, sempre a Bienno, uno dei borghi più belli d’Italia, nella Biennale di Forgiatura e nell’annuale Mostra mercato, nel mese di agosto: un’occasione per scoprire una vera vetrina dell’artigianato artistico italiano.

Oggi, la solida capacità tecnica e professionale dei “maister” e dei “brahchì” - gli artigiani del maglio di un tempo – si è trasformata nell’abilità dei forgiatori moderni, che concentrano la loro attività nei distretti di Cividate Camuno e della Media Valle Camonica, in grado di lavorare enormi lingotti di acciaio per trarne valvole, pompe e strumenti di alta precisione per le centrali e le industrie energetiche ed estrattive di tutto il mondo. Un settore fortemente internazionalizzato, che partì secoli fa dal rumore dei magli in una piccola valle di montagna.

IL FERRO DEI MAGLI
Ducom Design
Uberto Morandini
Scuola in fucina

IL GRANITO DELL'ADAMELLO

Contenitori di ogni genere, cippi, fontane, muri, macine, monumenti, interi edici: i “picapedre” della Valle Camonica hanno saputo trasformare la dura tonalite adamellina negli oggetti di tutti i giorni.
Stiamo parlando della colonna portante della cultura contadina: dai massi erratici delle montagne camune gli abili scalpellini, veri artigiani della pietra, estraevano lastre e volumi che poi trasformavano a valle in ogni tipo di prodotti.
Ci voleva fatica, insieme a precisione e abilità, per un lavoro duro, già avviato sin dalla tenere età, e che lasciava in eredità, dopo anni di lavoro, la malattia cronica della silicosi.

“Questa nostra montagna non è solo natura, ma è una immensa riserva di esperienze vitali dove nulla è mai andato disperso. Col materiale povero dei massi erratici lasciati dalla morena, cacciati avanti dall’antico mare di ghiaccio calato dall’Adamello, i òmign de la préda hanno creato favole e tesori, traccia sicura della loro abilità artigianale”. (Sulla via del granito, Belotti-Tognali, 2008).

L’industria estrattiva e della lavorazione della pietra adamellina, e in particolare del granito, ebbe un forte impulso con i lavori di edicazione connessi alla Grande Guerra dei primi del ‘900: strade, mulattiere, manufatti in quota, caserme presero forma dalla nuda roccia. Oggi questa capacità artigiana vive soprattutto in alcune aziende che sanno rinnovarsi nel mercato mantenendo un forte radicamento territoriale.

IL GRANITO DELL'ADAMELLO
Stefano Cocchi

IL LEGNO DEI BOSCHI DI ALTO FUSTO

Gli abeti e i larici della Valle Camonica sono sempre stati rinomati nella storia artigianale della montagna alpina, e sono stati la materia prima e di lavorazione per centinaia di segherie e falegnamerie dislocate in tutti i comuni del territorio.

Il trasporto delle conifere dai boschi alle zone di trasformazione avveniva a mezzo di carri o tramite la uitazione, soprattutto sul fondovalle, sfruttando la forza un tempo impetuosa del ume Oglio. Dalle segherie uscivano travi ed assi per l’edilizia; con l’abilità dei falegnami si producevano mobili di arredo e attrezzi per il lavoro nei campi.

Particolarmente pregiati erano i boschi dell’Alta Valle Camonica e quelli dell’altopiano di Borno. L’economia del legno era fondamentale nella cultura rurale e preindustriale delle comunità di montagna, e la buona tenuta dei boschi costituiva un elemento portante del sistema di vita e di produzione locale.

Oggi questa tradizione sopravvive nell’economia territoriale nelle numerose aziende che producono manufatti in legno per l’edilizia, soprattutto nel campo della serramentistica, particolarmente attivo in Bassa Valle Camonica. Altre aziende, di valenza più nazionale e internazionale, seppur operanti in Valle Camonica, hanno sviluppato la lavorazione del legno lamellare, mediante legni non locali, ma capitalizzando una tradizione di competenze e professionalità nella lavorazione del legno che non si mai sopita nel tempo.

IL LEGNO DEI BOSCHI DI ALTO FUSTO
Artigianato Camuno del Legno
Lucio Avanzini
Claudio Bolis
Gianluca Chiminelli
Chiara Domenighini - Oublis
Giovan Maria Fasanini
Fisarmoniche di Valle Camonica
Renzo Gaioni
Antonio e Pietro Sandrini

IL PORFIDO MONUMENTALE

Il pordo monumentale della Valle Camonica, o pordo viola, è una pietra assolutamente unica, e rara, che viene estratta e lavorata, in via esclusiva da quattro generazione, dalla ditta F.lli Pedretti di Bienno. Un tempo veniva estratta nelle cave in località Lavena, Cò de Mort, e Craper, mentre oggi è attiva solo una cava in località Croce Domini.

Il pordo della Valle Camonica è una pietra vulcanica, originata 280 milioni di anni fa, che mantiene la speciale caratteristica di poter essere lavorata in grandi blocchi: ciò grazie alla particolare conformazione magmatica dell’ammasso roccioso. Altre caratteristiche speciche sono la sua porosità e le sue proprietà antisdrucciolo, che la rendono particolarmente adatta a rivestimenti per esterno e per l’arredo urbano.

Numerosi sono i monumenti realizzati con il Pordo della Valle Camonica: i basamenti delle statue di Garibaldi a Bergamo, quella di Vittorio Emanuele a Milano, la gradinata del sepolcro di Padre Pio a Pietralcina e le scalinate della metropolitana di Milano, l’Ara Pacis di Medea e in ultimo la pavimentazione dell'Albero della vita all'EXPO 2015.

Il Pordo Monumentale della Valle Camonica è una delle Lombardy Stones, marchio con cui la Regione Lombardia riconosce le pietre ornamentali estratte nel territorio regionale.
Un altro importante esempio di una risorsa unica offerta dalla Valle Camonica alla produzione artigianale e artistica del nostro Paese.

IL PORFIDO MONUMENTALE
Stefano Cocchi

LA CORDA DI MONTISOLA

Sui banchi di scuola si è spesso imparato che Montisola è la ‘più grande isola lacustre europea’.Visitandola, si avverte l'eredità di una tradizionale economia legata alla pesca ed all'attività di fabbricazione artigianale delle reti da pesca. Fino a pochi decenni fa, infatti, Montisola era un distretto produttivo che primeggiava su scala mondiale.

La produzione di corda nautica a Montisola (BS) ha origine durante i tempi della Repubblica di Venezia quando la località bresciana fu trasformata in prigione. Qui i galeotti iniziarono ad intrecciare i li per realizzare corde e cime per le navi venete. Quando Napoleone liberò i territori del Lago d’Iseo, la tradizione fu portata avanti dalle donne del luogo che fecero di Montisola la patria della corda nautica.

Oggi, la tradizione è rinnovata nel segno della continuità da alcune aziende artigiane dell’isola, che presentano sul mercato nazionale ed estero una vasta gamma di prodotti per la nautica, pesca, sport, industria, ferramenta, abbigliamento, tendaggio, edilizia, ecc..

Le corde di Montisola furono protagoniste, nel 2016, dell’allestimento di “The Floating Piers” dell’artista internazionale Christo, che trasformò il Lago d’Iseo, per poche settimane, nel centro del usso turistico internazionale legato ad un’esperienza di arte contemporanea.

LA CORDA DI MONTISOLA

LA LANA E I TESSUTI

Sin dalla Preistoria vi è traccia, in Valle Camonica, dell’uso del telaio e dell’arte della tessitura.
Il telaio a pesi è il tipo di telaio molto semplice che veniva usato nell'antichità: fu il primo tipo di telaio inventato dall'uomo, nel periodo neolitico, e rimase in uso presso popoli antichi del Mediterraneo n dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente. Le immagini che li rappresentano sono molte: incise nei grati della Valle Camonica, sui vasi attici, negli affreschi di Pompei. Oltre la preistoria da fonti storiche si deduce che in diverse località delle media e bassa Valle Camonica n dal Medioevo esisteva la lavorazione tessile: si coltivava il lino per la produzione di tessuti nei comuni di Vione, Vezza d’Oglio e Incudine; la canapa era prodotta tra Monno e Ponte di Legno; la lana veniva lata a Cemmo, Esine, Cividate e Niardo; data la crescita dell’allevamento di bachi da seta nel 1844 nascono setici industriali ad Artogne e Gianico ove vengono attivati 7 opici tessili che impiegavano 116 operaie.

In breve la storia della tessitura in Valle Camonica racconta una liera antica di “economia pastorale”. L’antica tradizione tessile del territorio si è irrobustita sul nire dell’Ottocento con vari insediamenti industriali che in qualche decennio hanno dato vita a una liera economica importante che ha sostenuto l’economia locale: Vittorio Olcese realizzò in Valle Camonica ben due cotonici, nel secondo Dopoguerra si insediarono varie e importanti aziende tessili nazionali, entrate prepotentemente in crisi negli anni ’90 del secolo scorso.

Oggi, dopo le crisi degli ultimi decenni, la dimensione industriale del settore tessile non ha più una valenza prioritaria per l’economia del territorio, ma si stanno rafforzando percorsi di valorizzazione di esperienze artigiane in grado di rinsaldare la millenaria tradizione con un “saper fare” più contemporaneo e innovativo.

LA LANA E I TESSUTI
Luciana Angeloni
Associazione Coda di lana
Grata / Francesca Martinazzi
Gina Melotti
Prestorik

LA PELLE E IL CUOIO

In Valle Camonica, terra di pastori e transumanza, è sempre stata rilevante l’industria conciaria e della trasformazione delle pelli.

Lo storico Bortolo Rizzi, ancora nell’800, testimonia della presenza di concerie in Valle Camonica a Ponte di Legno, Vione e a Breno. Rilevante era anche la dimensione delle esportazioni dalla valle di pelli trasformate.

Il territorio camuno infatti era particolarmente adatto per la conceria, n dall’epoca preistorica, non solo per la presenza della materia prima (gli animali e la loro pelle) ma anche per la massiccia presenza di acqua, di calchere (la calce è elemento indispensabile per la concia) e di alberi tannici (come il castagno): sono tutti ingredienti indispensabili per trasformare la pelle in cuoio.
Oggi tuttavia questa che era stata probabilmente una grande tradizione artigiana della Valle Camonica è pressoché scomparsa dall’economia produttiva del territorio camuno.

Vari artigiani producono oggetti, manufatti ed utensili in cuoio e pellame di vario tipo, ma la materia prima proviene oggi da mercati non locali, nazionali e internazionali. E’ un settore che si apre anche alla pratica degli artigiani che arrivano in Valle dalle terre più lontane, e portano con sé tecniche ed applicazioni originali di una cultura che si apre al nuovo.

LA PELLE E IL CUOIO
Mauro Poiatti

LA PIETRA SIMONA

Tipica della Valle Camonica, prende il nome da una località camuna (“Simoni” di Gorzone) nei pressi di Darfo Boario Terme, dove veniva estratta da abili cavatori e trasformata in portali, fontane, arredi funebri e altre opere di arredo urbano.

E’ una pietra di colore violaceo, che si può facilmente notare camminando nei centri storici della bassa Valle Camonica, e il cui uso è documentato n dal XIV secolo. I cavatori distinguono una pietra Simona dura, una tenera e una semidura, a seconda del comportamento nella lavorazione: è infatti particolarmente adatta per la punta dello scalpellino, meno al taglio meccanico.

Se visitate il Parco archeologico delle incisioni rupestri di Luine, a Gorzone, sopra l’abitato di Boario, trovate nei pressi le tracce della cava di estrazione della pietra: una testimonianza imponente di come i camuni abbiano adato alle rocce dello loro montagne i segni molteplici di tutta la loro cultura materiale e immateriale.

Oggi la lavorazione della pietra simona è un’attività residuale, tuttavia essa rappresenta ancora un elemento caratteristico della produzione artigiana, che denisce un’architettura anonima e diffusa, che diventa un elemento “naturale” del paesaggio urbano della Valle Camonica.

LA PIETRA SIMONA
Stefano Cocchi